martedì 7 marzo 2006

Racconto d’estate, ovvero la maledizione di Margherita Baldacci.


Oggi è toccato a me fare diportaggio. Il mio socio non poteva proprio condurre il catamarano, perchè tornava la sua nuova compagna brasileira e lui doveva reggerle il moccolo. E così ho sistemato, a Peschici, nella casa della sorella, mia moglie, dicendole solo che andavo in barca per provare il motore EVINRUDE appena revisionato e che, comunque, mi sarei assentato non più di un paio d’ore. Quando arrivo al porto di Vieste gli ospiti erano già in fremente attesa. Si trattava di due sorellone tedesche alte e ben piantate, naturalmente bionde e, ovviamente, con gli occhi azzurro cielo. Mi guardano un po’ stupite e mi ci vuole poco per intuire la loro delusione: aspettavano il mio socio che, per dirla tutta, è di gran lunga più affascinante di me ( non ci vuole tanto), un clone dell’avvocato Agnelli, sempre abbronzato, argentei capelli al vento, la parlata blesa e un’impressionante ragnatela di rughe a scavargli la faccia, ma di estrazione e di cultura proletaria.“Dove andare?” mi fa una delle due, che biascicava un po’ d’italiano.“Giro lungo costa”, le dico.“Nein, nein, nein”, mi fa quella, con gli occhi che giravano a pala. “Noi avere contrattato con suo freund, amico, e avere già pagato per andare Isole Tremiti.”
“Cazzo sono fregato”, è il mio primo pensiero. “Se non pongo rimedio a questa situazione, qui va in replica “La cavalleria rusticana” di Scotty e Frator”, è il secondo pensiero.Afferro il cellulare e chiamo il mio socio, che intanto era arrivato all’aereoporto di Bari. “Stronzo”, esordisco, “non me lo potevi dire prima che quelle teutoniche volevano andare alle Tremiti?”“Beh, sai… avevo paura che tua moglie ti mettesse i bastoni tra le ruote…” si giustifica, balbettando.“Adesso il bastone me lo mette da tutta altra parte”, urlo.“Vedrai che capirà anche questa volta”, mi risponde morbido, morbido.“Senti, facciamo così. Torna prima che puoi, vai da lei e dille che sono stato chiamato per un’urgenza dalla Capitaneria di porto e che farò tardi. Mi raccomando, cerca di essere il più convincente possibile e soprattutto tienila lontana dal porto, sai, non vorrei proprio rovinarmi le ferie più di quanto non lo siano già.“Tranquillo, fratello, io so come prenderla per i…”L’interrompo bruscamente. “Se pensi ai fondelli, scordatelo, non credo che ce la farai. In ogni modo mi affido al tuo buon senso.”Nel giro di 15 minuti la barca è allestita. Il boma tirato, lo spinnaker pronto per svolazzare e per fare andare più forte il catamarano e il motore Evinrude, in verità ancora malridotto, montato nel caso che il vento decidesse di ritirarsi.Partiamo. Intorno a noi, un nugolo di pescatori e di turisti ad ammirare queste bellezze botticelliane che, intanto, si erano messe comode: un tanga nero e una striscina dello stesso colore a reggere i… capezzoli. “Se le vedesse il Vince”(un allupato navigatore di forum), penso, “avrebbe uno straniamento..” Il catamarano va che è una meraviglia, spinto da un vento a forza 3. Le teutoniche, si affannano alle vele mentre, io, al timone, mi affanno per non guardarle. Non ci parliamo molto. Loro si limitano a qualche gut, gut, quando passiamo accanto alle frastagliate scogliere di Peschici, ed io rispondo con ia, ia.Dopo due ore esatte di navigazione arriviamo alle Tremiti, dette anche Diomedee dal nome del leggendario eroe greco, Diomede, che li fondò e dai suoi fedeli compagni mutati in uccelli per sorvegliare il suo sepolcro. Viste da una certa distanza appaiono come tre grandi sassi bianchi che galleggiano sull’Adriatico e il mare che li circonda ricorda le trasparenze cristalline e i colori dei mari tropicali. Ancoro il catamarano alla cala del Pigno in prossimità del parco marino subacqueo, un’area protetta considerata fra le più belle del mondo. Le teutoniche questo lo sanno e, prontamente, s’infilano maschere e pinne e si tuffano nel blu cobalto per ammirare le gorgonie, i palinuri e altre famiglie di pesci che albergano in quei fondali. Il sole, batte a picco, s’infiltra tra le piccole increspature delle onde formando milioni di pagliuzze dorate. Nell’attesa, dopo aver adempiuto alle normali incombenze della barca (mollare le vele, controllare l’efficacia dell’ancoraggio), mi rappacifico con il mondo ascoltando il “mio” Baccini, da un minuscolo lettore di Mp3 regalatomi a fine anno dalla mia classe. S'inserisce la canzone che la fantasia di Baccini creò per una certa Margherita Baldacci, un'eroina portatrice sana di sfiga e io non posso fare a meno di toccare qualche finimento navale metallico. Non passano nemmanco dieci minuti che una delle teutoniche, quella che non pronuncia una vocale d’italiano, emerge dalle acque. Ha la faccia dolente, gli occhi roteanti e il polpaccio della gamba destra blu. Capisco che è stata punta da qualcosa, presumibilmente è andata a sbattere contro una gorgonia, che sono piante marine di una bellezza mozzafiato ma nascondono dei rami velenosi che se urtati scatenano una sostanza tossica che può portare un arto alla necrosi. Intervengo con l’ammoniaca a stick, ma è del tutto inefficacie. Allora non mi rimane altro che ricorrere al metodo empirico. Afferro saldamente con le mani il suo polpaccio e lo mordo nel punto dove c’è stato il fatal contatto. Incurante delle sue grida da anatra impazzita, proseguo la mia operazione cannibalesca fino a quando il suo muscolo si sgonfia e la carnagione diventa più chiara. Faccio delle abluzioni con acqua minerale per detergere la parte colpita, ma ritengo superfluo disinfettare la mia bocca e questo mi sarà fatale. Ripartiamo. Adesso mi tocca far tutto da solo. L’altra sorella si sta dedicando “all’ammalata” ponendole delle pezzoline bagnate sulla fronte nell’eventualità di un rialzo febbrile. Il Kin'tun sente la mano del padrone e scaracolla come quel delfino che ci passa accanto. Non c’è bisogno d’altro. Mi metto al timone e mi sparo di nuovo Baccini nelle orecchie. “Ho voglia d’innamorarmi”, forse per lui e per molti altri che ascoltano questo coinvolgente brano ma, ahimè, non per me, io ho già dato.“Cosa ascoltare, tu?” mi fa ad un certo punto la Ursula, l’italianista.“Musik sentimental”, rispondo, in para gemanico.“Ah, musiK napoletana. Nino D’ancelo, Gigi D’alezzio, Mario Merla” , ne avesse ingarrato uno di nome.La guardo in cagnesco: ma per chi cazzo mi ha preso questa qui; non sono mica uno scaricatore di porto di Gioia Tauro (con il dovuto rispetto per la categoria), sono pur sempre un uomo di “cultura”, azzo e di gusti raffinati per giunta.“Nooo!" affermo, orgogliosamente.“Io ascolto solo Baccini, Francesco Baccini, kennen?” (conoscere, una delle poche parole che so di tedesco).“Baggini? ” mi fa lei di rimando (che strano, quando c’è da pronunciare la c la fanno diventare gutturale e viceversa).
" Hören, sentire,!” mi dice, senza mezzi termini. Con buon cuore, vista la situazione precaria, ma a malincuore per il resto, le passo Francesco. “Shön?” (bello) le dico dopo un po’.E lei, elevando il pollice della mano: “Prima”, che è una specie di OK alla tedesca.Intanto siamo in prossimità del “continente”. I bianchi calanchi di Peschici emergono dall’afosa foschia e lassù, in punta al pennone, c’è la casa di mia cognata. “Chissà cosa farà la Scotty?”, penso, e soprattutto, chissà come è stata avvertita del mio ritardo.Ho dei dubbi, quasi una preveggenza d’imminenti tsunami e intanto che penso a queste naturali catastrofi avverto che in me, nella mia corporalità, qualcosa non va per il verso giusto. Inconsueti brividi di freddo, nonostante la calura, attanagliano le mie viscere e, in più, avverto uno strano picchiettio sulle labbra. Ci passo un dito sopra e sento un notevole rigonfiamento. Faccio un segno a Ursula che, rapita, ascoltava la musica di Francesco e, questa, mi guarda con raccapriccio. “Oh, comandate. Labbra Kaput!”Il percorso per il porto di Vieste è ancora lungo e le mie gambe cominciano a rammollirsi. Capisco che non ce la faccio a governare le vele e così, con la poca forza rimastami, le smollo e penso di fare andare la barca a motore. Speriamo che l’Evinrude non mi tradisca, come ha fatto pochi giorni prima con il mio socio lasciandolo in mezzo al mare. Tiro la cordicella dell’avviamento (il bottone automatico è fuso) ma il motore non ne vuole sapere d’accendersi. Borbotta, sbuffa e poi, miracolo, c’è l’arrivo, in ritardo ma arriva.I gabbiani, avvertiti dal rumore sciancato del motore, turbinano sulle nostre teste squittendo con fragore. Finalmente, in lontananza, scorgo le rosse gru del porto nuovo di Vieste: la mia sofferenza sta per avere fine. Il Kin’tun entra in porto, evitando per bontà divina un peschereccio in uscita. Sento le insulse grida dei pescatori: “ A chi te muerte e stra muerte”, ma non è tutto qui, c’è di peggio. Sulla banchina d’attracco si staglia una piccola figura di donna. Le mani, alla federale fascista, sui fianchi, le gambe aperte, la mascella volitiva: è lei, la Scotty e la mia preveggenza si materializza. Non mostra molta sorpresa nel vedermi e questo è un brutto sintomo: vuol dire che non ha sentito ragioni, ne preso per buone le spiegazioni del mio amico che, adesso, sta alle sue spalle e allarga le braccia per significarmi che non ha potuto farci niente. L’ho sempre detto che la mia Scotty ha sbagliato mestiere, che non doveva fare l’insegnante ma bensì l’agente segreto in missione speciale (dovevano mandare lei per salvare senza strascichi di sorta la Sgrena anziché il povero Calipari; questo è la dimostrazione che il Governo Berlusconi è miope, ahahah, riso amaro).“Sto male!”, esordisco, appena gli sono vicino.“C’è una giustizia per tutto”, mi risponde lei, implacabile.Per fortuna che c’è il mio socio e nel vedermi così mal ridotto decide di andare a chiamare un medico che ha la sua barca sulla banchina vicino alla nostra.Nell’attesa, mi siedo sul ceppo per l’attacco gomena, circondato dalle tedesche e dalla Scotty che non le degna di uno sguardo che è uno. Ursula mi mette tra le mani il lettore di Mp3 e con un italiano sempre più incerto mi dice: “puoi, mmm. chiavare questo?”
“Che dice sta zoccola?” inveisce la Scotty.“Calma, amò”, le faccio, cercando di ridurre la sua ira. “Voleva dire se le posso masterizzare Baccini”.
“Madò, che palle, c’è sempre sto Baccini in mezzo!” è la sua unica giustificazione all’inelegante improprio di prima.Intanto arriva il medico, un primario di cardiologia, presso un ospedale di Bologna. Qui ha un motoscafo di grosse proporzioni che usa per non più quindici giorni l’anno e, nelle debite proporzioni, gli costa più il carenaggio che l’acquisto dello yacth. “Lei sta bene, non corre nessun pericolo”, fa alla tedesca che si era fatta visitare per prima, “sei tu, che sei inguaiato, ma come hai fatto a ridurti in questo modo?”Gli spiego la meccanica del fatto, i morsi dati e la mancata disinfestazione della bocca.Quello se la ride di brutto. “Non potevi premere con le dita per far uscire il veleno?”
“Eh, no, non sarebbe da lui. Non aspetta altro che agguantare le femmine, lui!” interviene la Scotty, sempre più incavolata.“Vabbè, vieni sulla mia barca che ti controllo”, mi fa il prof. Pressione bassa, polso esagerato, defedamento delle condizioni generali, ecco il perché dell’herpes, febbre che indica un probabile avvelenamento del sangue, questa è la sua diagnosi. Mi somministra un siero per via intramuscolare e un antibiotico per via orale. “Se entro un paio d’ore le condizioni dovessero rimanere così ti devi fare un’ipodermoclisi disintossicante, pertanto ti consiglio di tornare in città dove c’è un ospedale più organizzato rispetto a quello di Vieste”, afferma.Quando arrivo in città mi sento già meglio. La febbre è sparita e di conseguenza i brividi glaciali. Confortato da queste condizioni ottimali e con l’animo rappacificato, nonostante le burberie della Scotty, mi siedo al computer e mi collego sul Forum di Baccini. Ci sono tre gatti, eppure non è così tardi, la mezza, all’incirca. Tempo di scambiare qualche “chiacchiera” con Crazy e qualche benevola frecciatina con Fitty e i sintomi ritornano prepotenti. Corriamo al pronto soccorso e qui mi fanno un lavaggio del sangue e per precauzione mi ricoverano.Mi hanno dimesso il giorno dopo. Sono tornato quello di prima e sono pronto per ricominciare la vita di sempre: a navigare sul mare e a barcamenarmi nella vita. Mi faccio una promessa: non ascolterò più per il resto della vita la canzone di Margerita Baldacci.

2 commenti:

  1. Anonimo5:15 PM

    Ciao Frator,belli i tuoi racconti e molto bello il tuo blog!!! Del resto i tuoi scritti in forum erano splendidi.
    Affettuosissimi saluti

    RispondiElimina
  2. hola, soy de Argentina, e voglio sapere chi è stato Margherita Baldacci. Ascolta la canzone Francesco Baccini e mi piaceva la storia. Grazie e saluti!

    RispondiElimina

Back to Top http://www.degraeve.com/favicon/favicon.ico?9583.72994399728