mercoledì 23 settembre 2009

IL FATTO QUOTIDIANO

Dopo la mezzanotte mi è arrivato in rete il Fatto quotidiano e sono stato sommerso di fatti, per l'appunto, di notizie, di opinioni. L'ho letto con entusiasmo, con uno spirito da prima volta. Alla fine sono rimasto sorpreso dalla completezza degli articoli, dall'immediatezza delle notizie, dalle interviste (quella a Marino) con domande non riverenti. Le firme sono di quelle importanti, di giornalisti che hanno “studiato” in prestigiose redazioni, con prestigiosi maestri (Indro Montanelli su tutti), con esperienze sul campo che li hanno convinti a fare un quotidiano non impelagato con il potere, qualunque esso sia. Non si chiama il Fatto per caso. Qui c'è la memoria di Enzo Biagi che in tv l'aveva già presentato scatenando le ire del potere.
Al nostro Fatto ci manca ancora un po' di sale di ironia, un pizzico di pepe di allegria,una rubrica dedicata ai lettori, e poi direi che il prodotto è perfetto.

Mi dicono che hanno stampato 120.000 copie e che sono andate tutte esaurite e molti non hanno potuto leggerlo. Un mio amico di Acilia, vicino a Roma, è andato, su mia sollecitazione, in edicola , alle 8,00 (per Roma è una alzataccia) e lo ha trovato grazie alla generosità del suo amico giornalaio che gli ha regalato una copia che si era riservata per lui. Ora ne stamperanno il doppio, tra il primo numero e quello odierno e sarebbe bello chiederne due copie: una per noi e una per chi passa e non sa che è uscito un giornale “che quando lo sfogli tintinna”.
Frator.

lunedì 21 settembre 2009

LETTERA DI UN SOLDATO ITALIANO IN AFGHANISTAN


Caro Enrico,
gradirei che tu potessi fare un blog per la curiosita' di persone che forse dalla vita non hanno imparato nulla.Il nostro stipendio in missione e di 133 euro giornaliere,quindi non cerchiamo di diventare dei milionari rischiando la vita, e non é uno stipendio da calciatore.Non siamo tutti dei terroni e pastori,e se anche fosse non cambierebbe nulla;abbiamo tutti un diploma e 3 anni di addestramento alle spalle,non siamo i primi scemi del villaggio.Siamo uomini come qualsiasi altro,con pregi e diffetti di una normale persona.La divisa la portiamo con onore e il lavoro che facciamo ci ricompensa da uomo che aiuta per una pace, sfidiamo la morte ogni minuto della giornata come correndo su un campo minato rischiando di saltare in aria ad ogni passoAlla persona che ha trovato la forza di scrivere quel-6auguro che non provi mai il giusto significato della parola guerra..Portiamo il tricolore nel cuore e non solo quando giocano le partite della nazionale e questo dovrebbe far tacere tutti le critiche che si fanno su di noi.

Lettera di un militare in missione in Afghanistan pubblicata nel blog My-Space di Enrico Nascimbeni.

sabato 19 settembre 2009

NAPOLITANO: I NOSTRI SOLDATI RIMANGONO IN AFGHANISTAN

Caro Presidente, dal Giappone, lei ha firmato la condanna a morte di altri soldati italiani e civili afghani.
PRESIDENTE, MI SPIACE DIRLO, LEI E' UN VECCHIO RINCOGLIONITO E UN BURATTINO.
E come lei Ignazio La Russa. Li lasciano la' a combattere una guerra che non ci appartiene. A morire come topi in gabbia.
Perche'?
Perche' siamo schiavi delle decisioni degli americani. Ecco il perche'. Altro che Patria, Onore, "noi non ci ritiriamo" e minchiate di questo genere. Berlusconi e Bossi avevano detto: "riportiamoli a casa". Ma poi, si sono rimangiati la parola in 24 ore.
Per la cronaca in questo momento i soldati italiani sono presenti in circa 20 guerre nel mondo.
Ok, un bel funerale di Stato, una medaglia a mamme e vedove e poi saranno dimenticati.
Mi viene il vomito.
ADDIO A SEI RAGAZZI MORTI PER UNA GUERRA ASSURDA. COME TUTTE LE GUERRE.
Dal blog MySpace di Enrico Nascimbeni

mercoledì 16 settembre 2009

Confessioni




Scuola: del doman non v'è certezza.

Il nuovo anno scolastico è partito in quasi tutte le regioni d'Italia e la disinformazione regna ancora sovrana, anzi gelminiana.
Dopo aver tagliato senza ritegno su fondi e personale, passati per riforme, la minestra riscaldata di Brescia ha la faccia tosta di dichiarare che grazie a lei le scuole a tempo pieno, anziché diminuire, aumentano: proprio lei, ecco la faccia tostata al grill, che sta studiando il modo di innescare una miccia e farla saltare in tre anni. Adesso si è limitata a far saltare la compresenza che era il nocciolo del tempo pieno, che ora non esiste più e al suo posto è ritornato il dopo scuola, autentica area di parcheggio per i nostri figli e nipoti i quali vengono considerati un poco più di pacchi postali non recapitabili. Ergo: c'è da andare fieri di questo?
Andiamo a vedere che cos'era, fino a ieri, la compresenza. Non erano che poche ore alla settimana, in cui su un'unica classe c'erano due docenti contemporaneamente e ciò, in primis, permetteva il recupero di alunni in difficoltà, di organizzare uscite didattiche, di mettere una pezza ad emergenze e disagi, di aiutare i bambini di lingua straniera, di aiutare i cosidetti bambini “difficili”, cioè con problemi sociali (un genitore in carcere, ad esempio).
In più, bisogna dirla tutta, la compresenza in questi anni è anche servita per “coprire” le assenze dei docenti in malattia, evitando la nomina da parte dei presidi di diverse sequele di supplenti, con relativo risparmio.
E ora la compresenza sparisce dai file ministeriali ma ne restano alcuni sottofile che in tre anni verranno eliminati anche loro, a meno che questo governo e questa ministra decadano.
Frator.

mercoledì 9 settembre 2009

Enrico Nascimbeni: "L'amore ai tempi di MySpace"

Eccolo qui il libro di Enrico Nascimbeni, il “Capitano”, il Giornalista il Cantautore di queste ultime stagioni dove, grazie al Web ha raccolto tanti successi. Qui davanti a me poggiato sulla mia caotica scrivania, dove il libro svetta. La Copertina innanzi tutto: una Marlboro da accendere, i capelli d’arruffo, l’orecchino che sporge e la barba di qualche giorno prima. Poeta maledetto? Boh, non so fate voi!
Eccolo qui “L’amore ai tempi di MySpace" che delinea al suo esordio poetico i lati di un quadrato, un ring d'amore, che impone all'Io di esprimere la concretezza del suo mondo “virtuale”.
Eccolo qui il libro da odorare e da leggere comodamente sdraiati su una longue-chaise al riparo dal sole cocente, anziché costretti a leggerlo su una sedia davanti ad una schermo luminescente che ti brucia gli occhi e ti pialla, quando scrivi, i polpastrelli.
Eccolo qui il verso, il guizzo della non-poesia, come l'autore si ostina con modestia a dire, nonostante permanga il gioco incessante degli specchi negli occhi dell’altro, come nell’occhio di sé, o di un padre diventato angelo e Dio. E’ percettibile, però, la conoscenza della realtà: l’occhio dell’altro, o il nostro, trema, e si fa luce dell’altrui presenza. Ma il guizzo della sua poesia, il momento in cui la domanda è già una risposta, dura un solo istante.
E’ proprio di un poeta sostare, provare a trattenersi nel cuore della contraddizione e attendere dai versi la domanda che è una risposta, e, tuttavia, percepire il senso di parlare sopra il nulla, del dire il non dire, esprimere l’evanescenza imprendibile del vivere, l’estinguersi della stessa corporeità della rapida inconsistenza dell’istante ricco, però, di tanta pienezza:”Io ho provato…/Lo giuro su un paio di mutandine di pizzo/ che ho provato per tutta la vita/a capire la vita./Zero/Nulla”…
E questa sarebbe non-poesia? A me sembra una cifra molto alta, talmente alta da influire sulla forma, mossa dalla ragione e dall’amore che illustra tutto il suo raccontarsi. Diceva Octavio Paz che “la poesia non è solo una tecnica artistica, ma una visione generale delle cose” dunque non un vano gioco di parole ma una vicenda dell’anima, un riconoscersi nello spirito cose, del resto, che lui fa abitualmente, invitando i suoi lettori e frequentatori di Space a farlo.
“Se avessi le mani sporche d’inchiostro/non le laverei/ ma ti imbratterei il viso di blu di Prussia” Contraddizioni? No, proiezioni su uno schermo bianco di lavori poetici.
Questa è una poesia fondata sull'addizione delle cose e sulla sincerità d'espressione che tutto concede al dato sentimentale, lasciato scorrere attraverso un vasto repertorio di idee, di spunti superbi (mi sono comprato uno specchio/domani guarderò dentro/ nell'inutile ricerca di un riflesso cobalto) e ambiti di elezione della vita più esplorati che esploranti. Forse per questo il suo linguaggio “non-poetico” non fissa mai metafore decadenti,“scatta una foto/per non dimenticare”, ne è l'esempio, ma annota e disegna il pulsare della vita intorno a se.
Quale lingua potrà mai dissetarci, quali venti sollevarci, quali flutti portarci oltre tutte le perdite se non il canto, il canto immortale della poesia. E questo libro è pronto per dare emozioni, utile per trovare, almeno, parvenze di salvezza dell’anima.
Ha ragione Roberto Vecchioni quando nella sua dotta prefazione al libro ricava questa considerazione:”Caro Enrico, questo ha visto tuo padre. Ha visto che sei un poeta.”
L'amore ai tempi di MySpace è un libro che oltre a coinvolgere va dritto al cuore delle situazioni e delle cose. Insomma, un libro da non perdere che serve anche a riparare qualche cuore graffiato.

Frator


Enrico Nascimbeni, “Non-Poesie” - L'amore ai tempi di MySpace –
Ed. Paradisi di carta – Euro 12,00
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