martedì 28 luglio 2009

Il bisnonno di Crimea

A 180 anni dalla nascita, la figura del bisnonno Carlin mi appare quasi leggendaria. La sua nascita è avvolta nel mistero e nella sua vita, che si distende lungo un arco di tempo di grande durata, egli non solo vide ma addirittura partecipò in prima persona ad avvenimenti del tutto eccezionali per l'Italia. Basta considerare che egli nacque quando il re Carlo Alberto era appena salito sul trono del Piemonte; assistette da ragazzo alle rivoluzioni del 1848 ("anno dei miracoli") ed alla sfortunata Prima Guerra d'Indipendenza; partecipò alla spedizione in Crimea; partecipò alla Seconda Guerra d'Indipendenza nel 1859; vide la spedizione dei mille di Garibaldi e la proclamazione dell'Unità d'Italia nel 1861; vide la Terza Guerra d'Indipendenza del 1866; assistette alla presa di Porta Pia e all'annessione di Roma e del Lazio all'Italia; visse le difficili condizioni dell'Italia post-unitaria; conobbe il vigoroso slancio economico dell'Italia tra gli ultimi anni dell'Ottocento ed i primi anni del Novecento nell'età giolittiniana; assistette, ancora arzillo,allo scoppio della Prima Guerra Mondiale e morì, infine, quando essa si avviava alla conclusione.
Quando egli nacque, Beethoven era morto da soli cinque anni, Leopardi e Manzoni erano ancora in piena attività letteraria, mentre Chopin, Schumann, Liszt, Wagner e Verdi muovevano i primi passi nella musica. Quando egli morì tutti questi artisti insigni erano già morti da un bel pezzo..
La prospettiva storica che fa da sfondo alla sua vita da letteralmente le vertigini. Tutto ciò che noi abbiamo imparato sui libri di Storia e di cui ci facciamo un’immagine vaga e approssimativa solo grazie alle stampe ed alle incisioni imperfette e a volte fantasiose che ci pervengono dal passato, egli lo vide con i suoi stessi occhi e nella forma degli avvenimenti di cui esso stesso fu partecipe.La sua generazione era quella degli uomini che contribuirono fattivamente e non solo a chiacchiere come oggi molto spesso avviene, a costruire la casa di tutti gli italiani. Era giusto che la sua esistenza non cadesse completamente nell’oblio, ma fosse recuperata nella memoria dei suoi discendenti.
Purtroppo i ricordi di lui, tramandati oralmente nella mia famiglia erano molto scarsi e poco significativi. Non si andava mai al di la del “bisnonno Carlin” quello che andò a combattere in Crimea. So di certo che già pochi anni dopo la sua morte la sua figura cadde completamente in abbandono. Mi sono sempre meravigliato del fatto, tanto per fare un esempio, che nessuna delle sue nipoti fosse a conoscenza che egli era nato a Moncalvo, nell’astigiano e non tra le risaie del vercellese come davano per scontato. Eppure si tratta di un fatto molto importante della sua vita, di cui senza dubbio egli avrà parlato molte volte. L’unica cosa che si sapeva di lui che era un trovatello ma veniva detto con fatica e non da tutti, come si trattasse di una macchia nella fedina penale e non una traversia nella vita della povera gente d’allora. E’ mai possibile che nessuna provasse il desiderio di conoscere qualcosa circa la nascita del nonno? Allo stesso modo costituisce un indice della scarsa attenzione con cui fu tramandata la sua memoria il fatto che nessun oggetto, neppure il più semplice o modesto, appartenuto a lui, è giunto fino a noi: non abbiamo la soddisfazione di tenere tra le mani neanche un solo oggetto (un netta pipe, una tabacchiera, un acciarino a bossolo, ecc) che egli abbia tenuto tra le sue. Molte volte mi sono chiesto il motivo di un simile collasso della sua memoria. Secondo me, la risposta, e lo dico con rammarico, sta in ciò:egli ebbe la sfortuna di avere solo un figlio maschio che, per contro, gli diede molte nipoti, tutte femmine; e si sa che le donne, almeno quelle di un tempo dove la divisione tra sessi era molto marcata e netta, sono assai poco sensibili, per non dire del tutto indifferenti, a certi ricordi familiari, soprattutto se questi sono legati alla vita militare.
Per chi ha voglia di sapere non rimane che andare in biblioteca e negli archivi di varia natura. Grazie ai documenti scritti, il nostro interesse per il bisnonno ha potuto essere corroborato, ampliato, documentato.
Dico soltanto che le ricerche condotte non solo ci hanno chiarito alcuni punti della vita del bisnonno già percepiti seppur vagamente, ma ci hanno anche rivelato, con effetto di assoluta sorpresa, altri fatti bellissimi ed eccezionali (la partecipazione alla guerra del 1859 la cosiddetta Seconda guerra d’Indipendenza, con relativo conferimento di medaglie al valore, che scoppiò quando, il 29 aprile del 1859, gli Austriaci passarono il Ticino, puntando verso Torino. Questi vennero poi fermati sulle rive della Sesia, dove i Piemontesi avevano allargato le risaie, mentre l'esercito piemontese, congiuntosi con quello Francese di Napoleone III, giungeva alla riviera ligure) i quali ci erano completamente sconosciuti.
La documentazione acquisita relativa all’azione su questa terra dell’avo Carlin era talmente ricca e viva da ricreare potentemente la sua figura, risvegliandola dalle ombre spente del passato.
Quando finalmente riusciamo a leggere i fogli ingialliti dei vecchi documenti, lungamente cercati, allora noi abbiamo veramente la ferma consapevolezza che essi ci aiutano a ricreare tutto ciò che c’era in un tempo dimenticato e che la memoria depositata oggi fa rivivere.

domenica 26 luglio 2009

Cinque giorni a Sanremo


Sono stato a Sanremo. Cinque giorni a Sanremo. Nel frattempo mio nipote in negozio al posto mio vendeva le Marlboro a 4,50 e le cartine per sigarette a 0,40. Meno male che noi vendiamo più Marlboro che cartine per sigarette. I cinque giorni a Sanremo li ho passati nella sala d’attesa di un famoso studio cinematografico. Entravo, chiedevo e aspettavo. Riuscivo a fumare quando la segretaria andava via. Mentre aspettavo, mi si proponevano spacciatori di eroina, agenti assicurativi, attricette di quart’ordine, ballerine di terzo (ordine), procacciatori di voti (siamo dentro le elezioni), chitarristi diciottenni aspiranti alle luci della ribalta, fiorai, naturalmente. Se fossi stato femmina mi avrebbero avvicinato numerosi protettori travestiti da impresari che mi avrebbero spinta in un locale di lap dance dietro l’inganno di una partecipazione al festival. Mi aspettavo di incontrare Milena, una ragazza dell’Ecuador che vive a Sanremo che ho conosciuto nelle Marche qualche anno fa, ma non l’ho vista. Anzi, se la incontrate voi una donna alta due metri che giocherella con un bottiglione di rosso tra due dita, allo stesso modo di come io mantengo la sigaretta in quella fotografia lì, quella sicuramente è Milena, per piacere salutatemela. Direte voi, forse: che cazzo sei andato a fare a Sanremo? Direte voi, certamente: a noi che ce ne fotte? Il fatto è che al quinto giorno di anticamera, quando ormai mio nipote vendeva i pacchetti di sale iodurato al posto delle scatole di pastelli, quando ormai pure la segretaria aveva preso il vizio del fumo dietro mia insistenza, è uscita lei finalmente dal suo ufficio privato, mi ha sorriso, avvolta in un vestito nero che le lasciava le spalle scoperte, ha buttato la testa all’indietro come è solito fare nelle sue migliori interpretazioni. Mi ha sorriso, mi ha firmato un autografo. Chi è lei? E’ Mariacristina Brettone, attrice di teatro, poetessa. Ha una cultura che vi fa impallidire, le sue poesie potranno sconvolgervi, destabilizzarvi, arricchirvi o spingere la vostra mente verso inattesi e inimmaginabili orizzonti. L’effetto che fanno a me le sue poesie è quello stesso effetto che capita a quello sballato disegnato da Andrea Pazienza che si trova di fronte a un muro con una macchia viola, che resta tutta la notte a fissare quel muro con la macchia viola, e che la mattina dopo guarda la macchia viola e dice “cazzo, è proprio viola, io l’avevo detto che era viola”. Per lo più è una donna paziente e gentile. Anzi, è una donna gentile e paziente. Penso a L’angelo azzurro, di Joseph Van Sternberg: a Eric Jennings, che si innamora perdutamente di Marlene Dietrich. Penso che era giusto così. Sono contento.


Sabato Cuomo
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