lunedì 13 marzo 2006

Lettera di mio figlio ad un suo amico svantaggiato.


Ciao, Gian Marco.

Mi ricordo dello scorso mag­gio, quando un "vento nuovo" mi portò dagli amici di "A.B.C." (As­sociazione Bambini Cerebrolesi), un'associazione che ha lo scopo di aiutate persone troppo sfortunate perchè sorridano alla vita. Io non sapevo, allora, se avrei avuto la for­za di aiutare bambini disabili a cam­minare e ad esprimersi; non sapevo se sarei stato in grado, con una realtà diversa dalla mia, di continuare ad essere me stesso...
Penso a quando, per la prima volta, mi proposero di recarmi a casa tua: mi spaventarono a tutta prima le parole che descrivevano i tuoi ge­nitori come persone pedanti, accu­satrici, pronte solo a criticare; mi creavi perplessità e... timori tu, bambino che io non avevo mai visto, solo per aver sentito dire che da poco eri affidato alle "nostre" cure e, come tale, non pronto ad impegnarti a collaborare per migliorare gradual­mente la tua crescita, imparando pian pianino a muoverti ed a giocare come tanti àItri tuoi coetanei.
Avevo, si, incontrato altri mi­nori "bisognosi" di noi; mi ero, si, immedesimato con le loro esigenze, nei loro affanni; ma... con te mi pa­reva di assumere... un compito troppo gravoso e rischioso; non mi fidavo più delle mie "risorse".
Quando venni da te, con una speranza avvolta da "fili di timore", ebbi paura di rendere ancora più scettica la tua famiglia, con qualche mio sbaglio, di aggravare le ansie dei tuoi genitori, di indurli a credere che la mia non era la "scelta giusta". Poi, come d'incanto, i miei occhi si posarono su di te e... sparirono gli affanni, le incertezze; la nebbia si dileguò e, nel mio cuore, all'im­provviso... tu!
Il primo giorno, invero, fu dif­ficile: avevi appena iniziato il meto­do "DOMAN" (del medico america­no che ne era l'ideatore), adottato dalla nostra associazione, e (com'era ovvio) trovavi arduo muoverti, sol­lecitato da noi ad obbedire a "gesti" dettati dal nostro tirocinio; però, col tempo, le cose sarebbero migliorate (non è vero?).
Ho ancora nella mente la "se­conda volta" a casa tua: fui accolto dal tuo sorriso e quel tuo semplice invito, strano a dirsi, è "entrato" in me, nei miei giorni, nei miei "segre­ti": ho capito che ti fidavi di me, come intuendo che mi saresti stato vicino, fin anche nei momenti più difficili. Da quel giorno abbiamo "lavorato" bene insieme.
Purtroppo ci sono momenti impegnativi, periodi nei quali ogni sforzo sembra vano; ma, poi, ti vedo camminare carponi con più sicurez­za rispetto al passato; ti vedo felice di stare con me; e tutto ritorna chiaro. A loro volta i tuoi genitori si dimo­strano convinti di tale scelta e mi infondono fiducia: mi aiutano, quando non riesco a farti muovere, quando le tue gambe s'irrigidiscono ed io hopaura di farti male.
Si, lo so, c'è ancora l'incer­tezza nel mio "guidarti", sebbene tu non accusi dolore; ma io spero fer­mamente che tu, perseverando nel­1'Accettare il mio aiuto, mi darai la forza per "andare avanti". I1 quattro ottobre p.v., tuo compleanno, ti au­guro possa segnare sensibili pro­gressi sulla via della riabilitazione; spero, anzi, vivamente che in avve­nire tu possa sentirti ben ripagato di questi tuoi sforzi e, senz'altro, feli­ce.
Intanto ti saluto, con la certez­za di avere un buon amico.
Ciao, Gian Marco.
Back to Top http://www.degraeve.com/favicon/favicon.ico?9583.72994399728