martedì 30 settembre 2008

Il contadino e la Morte.






Il contadino aveva ancora molto da camminare; la notte era discesa e il cielo era completamente annuvolato, ma di continuo i lampi illuminavano la campagna e i boschi delle colline circostanti. Poi si alzò il vento che buttava la polvere negli occhi del viandante, faceva frusciare le foglie secche e stormire gli alberi dei boschi. Gli uccelli volavano nella notte, stridendo di terrore, mentre i tuoni rotolavano in cielo.
Il contadino allungò il passo, quando i fulmini cominciarono a cadere, ma non si mise a correre, né andò a rifugiarsi sotto gli alberi, quando cominciò a piovere.
A una svolta incontrò la morte. Essa aveva indosso un mantello svolazzante e la falce brillava se i lampi rischiaravano a giorno l’orizzonte. Si accorse che lo guardava cercando d’intimorirlo, ma egli non le badò. Allora la morte si mise a correre su pei campi fino al limitare dei boschi e da quella distanza gli lanciò la falce cercando di colpirlo; e questo tentativo ripeté infinite volte, mentre il contadino manteneva il suo passo, sulla strada ormai ridotta a un letto di fango. La falce gli passava vicinissima senza colpirlo, e il contadino s’avvedeva ogni volta che sarebbe bastato allungare il passo per essere ucciso; pure resistette a lungo e non batteva ciglio quando la morte tornava a passargli davanti per riprendersi l’arma e ritornare al bosco correndo. Tremante di freddo e di fatica giunse al proprio casolare ed era per entrarvi quando la Morte lo avvicinò e gli disse: “Dunque non mi temevi?”
Il contadino le rispose: - Certo ti temevo: ma non sei tu a decidere.

Tratto da Miracoli quotidiani di Enrico Morovich, ed. Sellerio.

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