martedì 7 aprile 2009

Libordo


Libordo partì per l'America subito dopo la guerra, e io me lo immagino, grande e grosso com'era, ottimista, volenteroso e forte. Lo immagino lavorare in qualche miniera, o in qualche impresa di costruzioni. Sicuramente abitava in qualche monolocale del bronx, lui la moglie e il figlioletto. Questi monolocali ai piani alti di questi palazzoni americani, se ne vedono tanti al cinema: mi viene in mente quello di DeNiro in Taxi Driver (a colori) o quello di Sterling Hyden di Rapina a mano armata, (in bianco e nero), io me lo immagino in bianco e nero, questo monolocale: senza ascensore, la scala antincendio che attraversa l'unica finestra, le pareti di cartone che ti filtrano tutte le conversazioni, tutti i litigi del vicino. No, la televisione non c'era, perche' era stata inventata da poco, e i soldi erano ancora pochi all'inizio della avventura americana.Alla sera, dopo mangiato, Libordo si lavava e si coricava, e aspettava che il figlio Giovannino si addormentasse, per scopare la moglie.
Nel buio: "Giuvannì?"
"Che c'e'?"
"Che stai facenno?"
"Me sto addurmentanno, papà".
Libordo imprecava in silenzio, perche' le ore di sonno erano poche, e domani sarebbe stata un’altra giornata di lavoro dura, durissima. “Giuvannì?"
"Che c'e'?"
"Che stai facenno?"
"Stèv rurmenno, papà, che e' succiess? Rispose il figlio con la bocca impastata, le parole incerte.
Dopo, ancora molto dopo:"Giuvannì?"(silenzio)"Giuvann'?", con un tono di voce un pò più alto, per accertarsi che Giuvannino dormiva davvero."Giuvannì?... s'e' addurmut, Assuntì, iamm!"
"Addò iamm, papà?"

Contributo di Sabato Cuomo







Nessun commento:

Posta un commento

Back to Top http://www.degraeve.com/favicon/favicon.ico?9583.72994399728