lunedì 23 marzo 2009

Adua e le farfalle


Ci conoscemmo in giugno, l’aria era immobile, l’arsura rilucente in qualsiasi punto della città e nel mio studiolo, un antro poco battuto dal sole ma egualmente ribollente, il ventilatore a pale era sull’ultima tacca consentita.
Anche il computer sembrava svogliato. Gli hard-disk andavano a rilento e il monitor rifletteva una luce mai così vivida. Il traffico postale, in quella mattinata di calura era scarso, ben al di sotto della media stagionale che di per se è già bassa.
Dovevo uscire da quel bugigattolo. La bici in garage, tirata a lucido la sera precedente, mi aspettava e anche i campi di grano non ancora falciati,sembravano reclamare la mia presenza.
“Mò ci vado”, mi dicevo. Ma intanto mi soffermavo, pur sudando come un facchino, su alcuni blog di MySpace non letti la sera precedente.
“Adelante companero vamos a matar”. Era il mio notificatore, impostato con la mia voce, che mi segnalava l’arrivo di un messaggio. Clicco.”Adua desidera esserti amico” il breve testo di Myspace.
“E mò basta” dissi a voce alta ma così alta da disturbare persino mia moglie che si ventilava in veranda.
“Che c’è amore ti si è attanagliata una mosca sul video?” disse la mia simpaticona.
Era ormai da un po’ di tempo che giovani fanciulle volevano fare la mia conoscenza per ampliare la loro rete di clientela e questa Adua doveva essere una di quelle. Avevo persino pensato di segnalare la cosa a Tom (Jones) Andersen (nomen omen) l’inventore di questo marchingegno infernale ma non mi andava di passare per un delatore trattandosi, poi, di un banale, anche se complesso, gioco di società. Ma poi il suo nome mi incuriosì. C’è stato un film che aveva aperto la via del mio sapere che portava questo nome come titolo: “Adua e le compagne”. Così diedi il mio OK. Uno in più, uno in meno aveva poca importanza. Molte iscrizioni su Myspace sono un mordi e fuggi. C’è chi si fa prendere dell’entusiasmo per il tuo nik o per una tua frase ad effetto e si iscrive per poi dimenticarti subito dopo. Ma questa volta andò diversamente. Un paio di minuti dopo ricevetti il suo ringraziamento e l’invito di visitare il suo Blog. Così feci, scordandomi del caldo e dei goccioloni di sudore che mi allagavano il viso.
Appena aperto il Blog mi trovai davanti ad un mondo di farfalle dai colori più disparati e luminescenti. Si dice che il battito d’ali di una farfalla in Amazzonia può provocare un uragano in Florida,oppure lo scioglimento di un ghiacciaio al Polo nord. Si dice…
“E’ un’entomologa o una sognatrice?” mi limitai a pensare, senza mettermi nulla di catastrofico in testa.
Passai ad altro. In primis il suo avatar (un neologismo di una bruttezza infinita) com’è d’obbligo per iniziare un rapporto. Una foto riposante con sfondo una casa e lei seduta sui gradini dell’ingresso. Gambe accavallate armoniosamente che sostenevano un corpo ben affilato, un viso piuttosto angelico separato da un sorriso sottile e una voluta di capelli neri dal taglio preciso.
Età? Quaranta, massimo quarantacinque anni.
Vado a leggere le note e qui cominciano le sorprese. Nata in Italia in un paesino maremmano ma residente in Pennsylvania State, più precisamente Pittsburgh, capoluogo della contea di Allegheny e più precisamente ancora a Bellevue che è un centro residenziale immerso nel verde dove prima c’erano imponenti industrie siderurgiche. Insomma, una specie di Milano due, tanto per capirci. Io a Pittsburgh non c’ero mai stato ma conoscevo bene la tipologia di quella città bagnata da ben tre fiumi e i suoi dintorni per via di una ricerca che feci fare ai miei allievi. Pertanto continuai a scorrere con avidità le sue note biografiche. Tre lingue conosciute, inglese, spagnolo e naturalmente italiano, tre figli e tre nipotini, tutti in bella mostra in una immagine sottostante. E qui i miei conti non tornavano. Figli adulti e nipotini che avevano lasciato da tempo la neonatalità, com’era possibile? Riguardo la fotografia. Non era d’antan. Il vestito da lei indossato era di taglio in voga ai giorni nostri e l’immagine apparteneva ad una fotocamera digitale. Scorro ancora i dati e m’imbatto nell’età che qui, senza vezzo, veniva chiaramente riportata. Accidenti, questa donna si conservava decisamente bene nonostante che la sua data di nascita coincidesse perfettamente con la mia, cioè, da ben ventidue anni stabilmente negli anta. Ma era lei nella foto?
Così e anche per risolvere questo dubbio cominciai a navigare e a scrivere nel suo blog. Dapprima ci fu un gentile scambio d’opinioni, per lo più domande sull’Italia che lei non vedeva da più di dieci anni, quando ritornò per via di una gradita eredità e le mie che riguardavano la sua città di residenza e l’andamento politico americano. Di politica ne masticava poco. I suoi interessi erano tutti incentrati sui figli, sul giardinaggio, sulla cucina e sulla situazione economica spicciola. Scriveva in un italiano stentato, alquanto comico, ma lei rimediava a queste lacune con vezzosi inserimenti di inglese e spagnolo. Una faticaccia a leggere che si triplicò quando tra noi la consuetudine diventò quotidianità. Cominciò a scrivere al caffè del mattino quando in Italia era già mezzogiorno, poi alla sua ora pranzo, a quella della cena e anche prima di andare a letto. Raccontava storie autobiografiche di vita vissuta, di amori sbagliati, di figli con padri diversi che avevano lasciato a lei il compito di crescerli e educarli. Piano, piano, veniva fuori un ritratto di una donna forte, determinata, combattiva. Una donna a tutto tondo che non si era mai tirata indietro, che non aveva mai perso la speranza nonostante un mondo nuovo difficile da conquistare, una città fredda e ostile altrettanto difficile da vivere e amare. Ma lei ce l’ha fatta. I figli sistemati, nipotini che la amano, una bella villetta con giardino dove cura i suoi fiori che danno luce ai suoi occhi verdi. Ma tutto questo non le da ancora la gioia dell’assoluto e del definitivo. Lei vuole di più. Lei è ancora una donna in amore. Una donna che non si fa scivolare addosso l’età, che non rinuncia alle emozioni e che esulta quando il suo cuore batte all’impazzata per un nuovo incontro che le da speranza d’amare.
“Ma non ti sono ancora bastati tre uomini che ti hanno fatto soffrire?” le scrissi un giorno.
E lei, pronta e decisa, mi risponde:”Non si può fare a meno d'amare!”
Adua è come una poesia che educa il cuore, che fa la vita, che riempie i laghi aridi, alle volte anche la fame, la sete, il sonno. Magari anche la ferita di un grande amore, un amore che è finito, oppure un amore che potrebbe nascere.
E l’amore, tanto inseguito, entrò di nuovo nella sua vita.
A fine luglio, poco prima di partire per le ferie mi arriva un suo messaggio: “L’ho trovato Frank, ho trovato l’uomo per fare l’ultimo tratto della mia strada. Lo so che è lui. Me lo dicono i suoi occhi, le sue mani che toccano il mio corpo e le sue parole delicate come le tue. Adesso non voglio dire niente di lui per sgaramanzia (scritto proprio così) ma sappi che lo amo!”
Di questo non avevo dubbi perché lei sapeva amare e glielo scrissi.
Non mi rispose subito. Ora non aveva più tempo per me. Il suo cuore era in Paradiso e lei saltellava sulle nubi come un angelo bruno.
Non potevo fare a meno di pensare a lei. Me l’immaginavo felice e carica come una molla d’amore.
A fine Agosto, al mio ritorno, aprii il suo blog. Le farfalle erano sparite sostituite da un grigio anonimo che metteva tristezza. Lei era ancora seduta sui gradini della sua casa, i suoi figli e nipoti erano ancora là, sorridenti e felici di quella mamma e donna coraggiosa, ma in quel blog era sparita la luce.
Le inviai un messaggio privato, quasi un grido di dolore:”Dove sei?”
Da allora niente. Nessun messaggio, nessuna parola. Qualche volta sbircio nel suo spazio. Niente si muove. L’ultima data conosciuta è il 30 luglio, 2008 e le ultime parole sono le mie: “La Vita è un sogno che ha bisogno di essere vissuto. Auguri di cuore Adua”.
Adesso immagino di sentire il battito d’ali delle sue farfalle e mi convinco di aver sentito solo la sua mancanza. Ma è di più. Molto di più.

Frator 2009.

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